Sin dall’edizione dei Giochi Olimpici del 1984, tenutisi a Los Angeles, gli economisti si arrovellano per valutare impatto e benefici dell’organizzazione. Esercizi matematici, analisi comparative, stime potenziali cercano di comprendere se ospitare un grande evento possa di fatto dare un positivo impulso all’economia locale o piuttosto scatenare effetti incontrollabili, di cui si rischia di pagare le conseguenze per lungo tempo. Ancor oggi, infatti, l’unico caso portato come valido esempio di successo è Barcellona: molti degli interventi e degli investimenti urbani fatti per la venticinquesima edizione delle Olimpiadi, nel lontano 1992, permisero al capoluogo catalano di affermarsi fra le più importanti metropoli mediterranee. Prima dell’assegnazione, Barcellona era una città carente di strutture sportive e di attrezzature dedicate, e con un panorama ricettivo scadente: l’amministrazione mise in campo un’azione precisa prevedendo oltre la costruzione del Villaggio Olimpico, il recupero del lungomare con il porto olimpico e, più in generale, la piena valorizzazione turistica e culturale della città. A partire dalla riqualificazione del quartiere Poblenou, vecchia area industriale in disuso, che per l’occasione fu adibito a sede delle residenze degli atleti partecipanti, per poi evolversi in un moderno distretto all’interno del quale si sono integrate funzioni di tipo residenziale, commerciale e di svago.
Da allora, la dinamicità economica che ha caratterizzato per diversi decenni la Spagna ha reso il quartiere una realtà a forte sviluppo e rigenerazione, con edifici moderni che richiamano suggestioni cinematografiche futuribili. La verticalità appare uno dei nuovi leit motiv dell’urbanistica catalana contemporanea, una scelta che ben si sposa anche con le strutture alberghiere che possono così garantire ai propri ospiti un panorama ineguagliabile, a volte capace di spingersi fino ai 360°. La Torre Agbar, 34 piani per 142 metri d’altezza, è oggi a buon diritto un simbolo del panorama urbano di Barcellona. Costruita su progetto dell’architetto francese Jean Nouvel, realizzato in collaborazione con lo studio spagnolo b720 e i costruttori Dragados, la torre ospita la sede della compagnia idrica comunale, combinando diversi concetti architettonici, esaltati da un’operazione di illuminotecnica con 4500 led luminosi che permettono alla torre di cambiare colore durante la sera.
Melià Barcelona Sky
A poche centinaia di metri, passeggiando diretti verso il mare, ci si imbatte in un altro suggestivo grattacielo, in questo caso adibito a una funzione esclusivamente ricettiva: il Melià Barcelona Sky. L’edificio è un progetto di un’altra archistar francese, Dominique Perrault. conosciuto per la Bibliothèque Nationale de France e l’intervento sulla Stazione Garibaldi a Napoli. Di proprietà della catena spagnola Melià, lo Sky si distingue per la tensione che spinge lo sguardo verso l’alto. All’ingresso dell’albergo, dopo aver superato la reception si apre un’ampia lobby che svolge ruoli molteplici nel corso della giornata: se al mattino si presta a ospitare la colazione continentale, per il pomeriggio e la sera accoglie i clienti per un aperitivo da poter sorseggiare anche nel gradevole giardino esterno. L’arredamento ha linee pulite e minimaliste, ma non si risparmia nelle scelte cromatiche che spaziano dal rosso acceso al blu cobalto, capaci di animare ambienti che altrimenti potrebbero apparire un po’ freddi e anonimi.
Le 213 camere sono distribuite su 29 piani in 120 metri di altezza, ovviamente tutte raggiungibili attraverso una serie di ascensori che senza sosta viaggiano sull’asse di trasporto. Tutte le camere sono progettate per gratificare l’ospite con una visuale unica, al medesimo tempo capace di ipnotizzare e illuminare: una risorsa più che valida, al punto di sacrificare parte degli spazi e forzare l’ospite a chiudere le tende prima di addormentarsi. Le stanze tra il 7° e il 14° piano si affacciano sulla città o sulla piscina, dal 15° al 19° guardano il Mar Mediterraneo, mentre dal 20° in poi si trovano le camere per famiglia, le Suites e le Junior Suites, tutte con vista città. La gastronomia raggiunge la sua piena soddisfazione nel ristorante Dos Cielos al 24° piano, lì dove i due fratelli gemelli Javier e Sergio Torres, circondati dalla vista panoramica, cucinano piatti della tradizione per cui hanno ottenuto una stella Michelin e il premio come Miglior Ristorante dall’Accademia Catalana di Gastronomia.
In questo grattacielo, c’è anche uno spazio, forse un pò troppo limitato vista la grandezza dell’albergo, dedicato al benessere. La YHI SPA è il marchio di fabbrica del brand alberghiero spagnolo, un format benessere che si ripete nelle differenti strutture. Tre cabine per i trattamenti e uno spazio per il relax in cui si è seguiti da due esperte operatrici in grado di offrire un’ampia gamma di trattamenti e massaggi. Lo spazio offre anche un’area umida con idromassaggio, docce emozionali, sauna e bagno turco. Grande ricorso si è fatto a materiali naturali e al vetro che permette alla luce naturale del giorno di illuminare gli ambienti inclusa l’area umida. Perché il sole e i suo raggi rappresentano insieme all’acqua l’elemento principale cui fa riferimento la filosofia della SPA. Gli amanti dell’abbronzatura possono godere del sole anche sdraiati sui divani gazebo o sui pouf che circondano il bordo della piscina esterna, magari accompagnati da un drink o un cocktail di frutta preparato dal bar panoramico. Uno spazio ampio e ben attrezzato che fa dimenticare che molto più in basso, sulle strade di Barcellona, continua incontrollata la movida, che sembra non fermarsi mai un momento a respirare.