Un sondaggio internazionale ha incoronato Venezia come una delle città più belle al mondo. La caratteristica più suggestiva che la rende così attrattiva e romantica per le centinaia di migliaia di turisti provenienti da tutto il globo che ogni anno vengono a visitarla è quella che i suoi Palazzi sono stati costruiti sull’acqua. In realtà, e più precisamente, gli edifici sorgono su oltre 100 minuscole isole lagunari. Molti studiosi attribuiscono la scelta di erigere una città nella zona paludare e sul piccolo arcipelago che emergeva nella laguna, come un modo per renderla impenetrabile. Una decisione strategica di chi si rifugiò in quelle aree nel V secolo d.C., sfuggendo alle ondate barbariche che avevano sconvolto quasi tutta l’Italia. Con gli invasori tenuti lontano dai confini acquatici naturali, in epoca medievale fiorì una potente classe mercantile che, nei secoli successivi, riuscì ad avere rapporti con uomini d’affari provenienti dall’est, dall’ovest, dal nord e sud del globo. L’ascesa delle famiglie veneziane nel commercio mondiale fu possibile soprattutto grazie alla posizione geografica della città lagunare, che divenne in poco tempo uno degli snodi commerciali più importanti del globo. Ma oltre a luogo di commercio, Venezia fu anche una città ricca di reliquie, come quelle di San Marco, riportate dall’Egitto, che attiravano decine di migliaia di visitatori. Inoltre, la Serenissima costituiva una tappa intermedia di un pellegrinaggio verso la Terrasanta. Quando i pellegrini dovevano trattenersi a Venezia per qualche giorno, venivano ospitati in diversi rifugi sparsi tra le piccole calli della città.
Tra questi alloggi, situato nel sestiere Castello lungo la Riva degli Schiavoni, esiste ancora Cà di Dio. Il palazzo risale al 1200 e ha una lunga tradizione di residenza adibita all’ospitalità degli stranieri. Il primo rifacimento risale a trecento anni dopo, a cura di Jacopo Sansovino, che fino alla sua morte fu considerato il massimo architetto (proto) della città. Ora il palazzo fa parte della collezione degli Hotel VRetreats. “È un progetto in cui Alpitour World crede fortemente – afferma Gabriele Burgio, Presidente e AD del Gruppo – “Si tratta di un importante investimento che abbiamo portato avanti, senza rallentare, nonostante il difficile periodo della pandemia. è un nostro dovere morale sostenere il turismo in crisi e spenderci in prima battuta per il nostro Paese. Un simbolo che racchiude in sé il valore della memoria e l’energia del futuro”, conclude. Il progetto di restauro in chiave contemporanea è stato affidato allo studio dell’architetto Patricia Urquiola. “Come progettista, lavoro sempre con una poetica inclusiva, rendendo il committente parte attiva del progetto, così da dare un carattere unico a ogni hotel – spiega l’architetto e interior designer di fama internazionale. “Insieme al Gruppo Alpitour abbiamo condiviso la visione del risultato finale. L’attenzione nella scelta dei materiali, l’importanza del genius loci sono elementi fondamentali per me. Abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca per esaltare la personalità di Ca’ di Dio, senza stravolgerne il passato, ma reinterpretandolo in chiave contemporanea”.
La ristrutturazione che ha dato vita al nuovo luxury Hotel ha valorizzato le cromie e le suggestioni di una città che vive sull’acqua, mentre il progetto di interior design ha mantenuto fedelmente le linee persistenti che caratterizzano la raffinatezza del palazzo nobiliare. Entrando nella struttura subito si apprezza il processo di modernizzazione degli spazi. Dove c’era la Chiesa di una volta ora si trova lo spazio di accoglienza degli ospiti, in cui la fanno da protagonisti, scendendo dal soffitto a doppia altezza, i 14.000 cristalli in vetro di Murano che danno vita alle tre vele del prezioso lampadario. Anche gli altri spazi comuni, come la sala di lettura e i due ristoranti, rispettano rigorosamente il giusto mix di design contemporaneo e materiali della tradizione locale. Tessuti e vetri, pietre e marmi sono stati selezionati accuratamente nella produzione dei migliori artigiani della città lagunare.
Anche gli spazi esterni ribadiscono idealmente il concetto di casa veneziana che ancora contraddistingue Ca’ di Dio: parliamo dei tre giardini interni, che si trasformano in vere oasi di pace e delle due altane, che permettono di ammirare la laguna. Il panorama suggestivo si può apprezzare anche dalla maggior parte delle camere della struttura, con vista sull’isola di San Giorgio e sull’omonimo Rio Ca’ di Dio. In tutto l’hotel dispone di 66 camere, di cui 57 Suite e 9 Deluxe. Tutte presentano boiserie tessili e cornici in legno, che riquadrano le finestre, quasi a sottolineare la relazione fra interno ed esterno, lampade disegnate su misura, soffiate dai maestri dell’arte vetraia. Anche il design delle camere e ogni piccolo dettaglio si inseriscono delicatamente nell’originale contesto architettonico del palazzo seppure rivisitati in chiave di modernità.
La contemporaneità del progetto viene ribadita anche dalla importante sensibilità mostrata verso un nuovo modello di turismo sostenibile. In questo senso, sono stati fatti investimenti per dotare la struttura di sistemi ed infrastrutture in grado di limitare l’impatto ambientale. Grazie poi all’utilizzo per la climatizzazione dell’acqua della laguna è stato possibile abbassare i consumi energetici del 20%, oltre a ridurre annualmente di circa 110 tonnellate le emissioni di CO2. Un risultato che rende Ca’ di Dio un hotel unico nel panorama veneziano. Questo hotel, per dirla con Christophe Mercier, direttore della struttura, è “una porta aperta sulla bellezza”. Un impegno per la sostenibilità che non è passato inosservato ai clienti e agli addetti ai lavori, al punto che, durante il Christmas Party di quest’anno, la Media Hotel Radio, emittente dedicata agli operatori di viaggi, ha deciso di premiare Ca’ di Dio con un prestigioso Award.
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