Pochissimi testi scolastici parlano del ruolo avuto nel processo di civilizzazione dell’Europa meridionale, a cavallo tra preistoria e storia, mezzo milione di anni fa durante l’età dei rame, dalla Civiltà di Rinaldone. Si tratta di una delle più antiche culture umane, diffusa nel Lazio settentrionale e la Maremma Toscana proprio a cavallo tra Neolitico ed Eneolitico, databile attorno alla seconda metà del III millennio a.C., in un area che a partire dall’età del Ferro vide protagonista prima la Civiltà Villanoviana per poi cedere la scena al delinearsi delle società italiche e a quella Etrusca.
Per chi volesse saperne di più è sufficiente recarsi a Manciano, comune in provincia di Grosseto, a pochi chilometri da Orbetello e l’Argentario, da Capalbio e le Terme di Saturnia. Nella parte più alta del borgo, prima di arrivare all’edificio merlato della Rocca, costruita dagli Aldobrandeschi intorno al XII secolo, si trova il Palazzo Nardelli che ospita il curatissimo museo della Preistoria e Protostoria della valle del Fiora, che ospita reperti a partire dal Paleolitico: schegge, ciottoli, resti di un elefante preistorico, e del Neolitico, periodo in cui vennero prodotte le prime ceramiche, vasi a fiasco, asce di pietra levigata, antiche fusaiole e vetro vulcanico. Il percorso prosegue con l’età del Rame e la civiltà di Rinaldone, che scomparve per cause sconosciute agli inizi del II millennio a.C. e nelle cui necropoli scoperte sul territorio locale sono stati rinvenuti diversi corredi funebri, frammenti di ceramiche, bronzi, asce e pugnali triangolari, martelli, chiodi, collane, contenitori per cibi, anelli, giocattoli. Nella valle del fiume Fiora le tracce lasciate sulle rocce dalla cultura di Rinaldone sono molteplici, riferimenti astronomici, lavorazioni e incisioni rupestri su pareti a strapiombo relative al culto della Fertilità e dell’elemento naturale dell’acqua. La società era matriarcale, e piccoli gruppi seminomadi, i cui uomini avevano una statura vicina ai due metri, si spostavano da una dimora provvisoria all’altra, non praticavano ancora l’agricoltura, ma sfruttavano la folta presenza di boschi della Tuscia, dedicandosi alla caccia a alla raccolta di frutti. Oltre al museo, il borgo di Manciano merita sicuramente una visita per la sua travagliata storia più recente, documentata dalla cinta muraria originaria del XII secolo, lunga oltre 5 chilometri e ornata di 11 torrioni, che la vide al centro di dispute fra le famiglie dei Baschi e degli Orsini, fino al 1557 quando fu Manciano fu concesso al duca Cosimo de’ Medici che lo trasformò in un centro agricolo il cui territorio s’inoltra nella pianura maremmana.
Lì dove oggi si trova immerso nella natura selvaggia la lavanda, il farro, gli uliveti e il bellissimo mare dell’Argentario, Il Poggio di Teo, un agriturismo dal grande fascino, ospitato in un Casale in pietra del 1850, diviso in due blocchi, quello principale dove sono collocate 2 Camere e l’Appartamento e quello nuovo che comprende 5 Camere e il Ristorante con grandi vetrate che affacciano sul prato e la meravigliosa Quercia, simbolo del posto. La tenuta è di circa 40 ettari, e si trova a 2,5 km da Manciano e 8 km dalle terme di Saturnia. La struttura è composta da 7 camere, con accesso diretto sul giardino, i cui nomi ricordano piante del territorio, arredate con gusto ed eleganza, e un appartamento con camera matrimoniale con letto a baldacchino, angolo cottura attrezzato, soggiorno con caminetto. La cucina, molto curata e salutare, centrata sulle fresche e saporite verdure di produzione propria e ottimi vini della tradizione toscana. I pasti, a partire dalla ricca colazione sono serviti in una sala vetrata che si affaccia su querce, fiori, olivi centenari, e l’orto di albicocchi, pere, mele, ciliegi, che danno frutti gustosi per ottime marmellate. Diverse le qualità di pasta trafilata al Bronzo, prodotte con farina semi-integrale, macinata a pietra e ottenuta con una miscela di grani antichi a basso contenuto di glutine e farro prodotti nei campi, così come l’olio, di colore verde e fragranza e profumo unico, ottenuto da 700 piante di Leccino e Frantoiano. Ci sono anche 5 ettari di piante di lavanda dalla quale si ricavano essenze e sacchetti profumati.
All’aperto una grande piscina con acqua salata mentre il Centro Benessere di Il Poggio di Teo è dotato di sauna finlandese con panche in legno termico certificato, bagnoturco con aromaterapia ed essenze balsamiche, docce emozionali tra nebbia fredda e pioggia tropicale, vasca idromassaggio con lama d’acqua per la cervicale, sala relax con musicoterapia e tisaneria. Sono possibili massaggi e altri trattamenti personalizzati. Dall’agriturismo si può passeggiare sulle colline, fino a un piccolo laghetto naturale con pesci e tartarughe, per i sentieri della tenuta agricola, fare jogging o fotografare una natura ancora incontaminata in cui si incontrano caprioli che scendono dai boschi.
La posizione è strategica per raggiungere le Terme di Saturnia, le spiagge dell’Argentario, Pitigliano, la città arroccata sul tufo, Sovana, con la sua Necropoli Etrusca, il Lago di Bolsena e Montemerano, uno dei Borghi più belli d’Italia, oppure Capalbio paesino medievale con il suo Giardino dei Tarocchi. In altre parole al centro di un territorio definito “Patrimonio dell’Umanità” da parte dell’Unesco, verde e incontaminato a perdita d’occhio, in cui si trovano calde acque per rilassarsi e ricaricarsi, arte storia e curiosità tutte da scoprire, cibo e vino da godere in una vacanza all’insegna del benessere totale per i cinque sensi.