Sono 10 i criteri di selezione stabiliti dall’Unesco per valutare se un luogo o un bene culturale possa ricevere l’appellativo di “Patrimonio dell’Umanità”. Fino al 2004 questi parametri erano suddivisi in due sezioni distinte: i primi 6 erano i cosiddetti “criteri culturali” e si riferivano principalmente a testimonianze artistiche e architettoniche, mentre gli ultimi 4 venivano definiti “naturali” e si applicavano a luoghi, paesaggi e ambienti naturali. Nello specifico, il primo tra i criteri culturali afferma che il bene preso in esame deve “rappresentare un capolavoro del genio creativo umano” mentre il principale criterio naturale stabilisce che il luogo preso in esame debba “rappresentare un fenomeno naturale o avere un’atmosfera di una bellezza naturale e di una importanza estetica eccezionale”.
Non stupisce, allora, che la Val d’Orcia sia stata inserita nella World Heritage List dall’Unesco fin dal 2004. La località, infatti, risponde a entrambi i criteri suddetti: da una parte la sua conformazione è frutto dell’applicazione dell’architettura rinascimentale al territorio naturale, nel pieno rispetto dei dettami del “buon governo” tipici delle città stato del centro Italia tra il XIII e il XV secolo. Dall’altra costituisce per colori, vegetazione ma anche atmosfera, un panorama unico in Europa, capace di stregare poeti, scrittori e pittori di tutte le epoche. Tra antichi casali e filari di vigna, tra oliveti centenari e borghi di altri tempi, visitare la Val d’Orcia crea suggestioni e genera sensazioni di quiete e pace che non trovano riscontro in nessuna parte del mondo.
Qui nel cuore della Valle, sorge un piccolo villaggio che conta solo una trentina di abitanti ma che gode di una fama altrettanto importante. Parliamo di Bagno Vignoni: un luogo famoso per la qualità delle sue acque termali che vanta una storia millenaria. La storia, infatti, ci racconta che qui si fermavano i pellegrini che percorrevano la via Francigena per recarsi a Roma mentre su una antica iscrizione c’è scritto che le acque del posto erano considerate sacre alle ninfe. Nel Medioevo, a differenza di quanto accadde in quasi tutto il resto d’Europa, le terme sopravvissero e anzi, come attesta un documento del 1262, furono create delle vasche al centro del paese per garantirne l’utilizzo alla popolazione. Addirittura nel 1334, tale Simone di Messer Iacomo Tondi, in una lettera inviata al magistrato di Siena, descrivendo le vasche in cui era raccolta l’acqua termale, affermava che esse erano circondate da palazzi e osterie, a testimonianza del gran numero di visitatori che ne usufruivano, e che per rendere più agevole l’esperienza una parte delle vasche era stata coperta in modo da garantire il bagno anche sotto la pioggia. Tra i nomi illustri che frequentavano Bagno Vignoni c’erano Lorenzo de’ Medici e Santa Caterina da Siena che vi si recava con la madre e a cui è stata dedicata una chiesa di fronte la vasca principale.

In tempi più vicini ai nostri il paese ha vissuto un vero boom turistico grazie a una proposta che si è fatta via via più completa esulando dai soli trattamenti curativi legati alle proprietà delle acque termali, che essendo ricche di solfati e carbonati sono indicati per la pelle e per la struttura osseo-articolare, ma abbracciando tout court un concetto di benessere più ampio che avesse anche nel buon cibo, nella qualità dell’aria e nella tranquillità propria di questi luoghi i suoi punti di forza. Una ulteriore qualità che ha sancito il successo della località è stata l’attenzione posta di gestori delle diverse strutture e stabilimenti nel lasciare praticamente invariata l’estetica del posto. Certo gli hotel più esclusivi si sono arricchiti di SPA e aree benessere di ultima generazione ma queste “aggiunte” sono state effettuate quasi sempre nel segno del rispetto del paesaggio e della tradizione.
Uno degli esempi più evidenti è il celebre Posta Marcucci. La struttura, una delle tre di Bagno Vignoni dotate di stabilimenti privati, prende il nome dalla famiglia che la edificò nel corso del 1800 e dalla sua prima destinazione d’uso: una locanda con annesso recapito postale e rivendita di alimentari. La sua trasformazione in hotel avvenne nel 1956 ma la fama dell’albergo crebbe enormemente solo negli anni ‘70 quando nella piscina posta dinanzi l’entrata iniziò a sgorgare l’acqua calda della fonte termale a una temperatura di 49°. Oggi il Posta Marcucci è uno degli alberghi più importanti della Toscana ed è gestito dalla famiglia Costa, già affermatasi nel settore con il Perla Hotel in val Badia.

L’approccio dei Costa è avvenuto nel pieno rispetto della memoria storica del luogo. Non un semplice intervento di ristrutturazione né tantomeno di trasformazione, bensì un tentativo concreto di rinverdire la storia della casa mantenendo in vita quegli elementi che la caratterizzavano. All’interno infatti sono stati conservati e valorizzati i saloni in cui una volta si aggiravano tra gli altri Enrico Berlinguer e Nilde Iotti, il bar anni Settanta e il piccolo e sorpassato ascensore. Particolari unici di un tempo ormai lontano che sono stati riportati all’antico splendore secondo l’ideale ispiratore di tutto il progetto: “ricostruire la storia, non le mura”. Nei due ultimi mesi di chiusura invernale, sono state completamente rinnovate le 37 camere per un intervento fresco e corroborante.
All’esterno, esattamente come un secolo fa, si trova la piscina, strutturata in due vasche e completamente immersa nel giardino, mentre all’interno sono presenti 36 stanze arredate in un piacevole stile retrò ma dotate comunque di quelle modernità che assicurano una piacevole permanenza anche all’ospite più esigente. Per non parlare della SPA, concepita per offrire al cliente un percorso di relax e rigenerazione che inizia nell’area umida dotata di vasche a temperature differenziate in cui immergersi e lasciarsi accarezzare dal morbido tepore benefico, facendosi dolcemente massaggiare dalle piccole cascate con grande sollievo per la cervicale, per poi concludersi nelle sale massaggi che offrono una selezione di tecniche originarie da tutto il mondo.
Ma non solo: nella consapevolezza che stare bene significa anche solleticare il palato, i Costa hanno portato con loro anche Nicola Laera, cuoco creativo che già si era distinto al Perla e che è stato insignito negli anni di premi quali il Due Forchette del Gambero Rosso e la stella Michelin. Naturalmente vini e pietanze hanno cambiato caratteristiche arricchendosi dei prodotti genuini della Toscana: l’olio, i formaggi, le carni della macelleria di San Quirico, verdure dell’orto, miele, marmellate, lo zafferano della famiglia Brandi, il pane toscano sciocco. Perché anche una ribollita può rappresentare quel piccolo grande valore aggiunto che rende indimenticabile un soggiorno già di per sé meraviglioso in una delle cornici più suggestive dell’Italia intera.
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