In una tranquilla vallata chiamata Peace Valley, circondato dalle alte cime sempre innevate delle Elkhorn Mountains c’è un Centro termale attivo da oltre 145 anni, considerevole cimelio degli Stati Uniti d’America. Siamo a Boulder in Montana, stato americano nel cuore delle Montagne Rocciose, terra di gente risoluta con alle spalle una storia tracciata non solo da cercatori d’oro, cowgirls e uomini di miniera, ma anche dalle tribù indiane dei Crow e degli Shoshone. I nativi, già molto tempo prima dell’arrivo dei coloni, avevano imparato ad apprezzarne le proprietà curative ed erano soliti utilizzare le sorgenti d’acqua calda trasformando la valle in un luogo rituale, stabilendo che l’area delle cosiddette ‘hot springs’ fosse pacifica e accessibile a tutti.
Con l’arrivo dei primi cercatori d’oro e degli allevatori di bestiame, le fonti divennero meta abituale di coloro che desideravano semplicemente rilassarsi dalle fatiche quotidiane e fu così che nel 1863, proprio attorno alle sorgenti da cui sgorgava l’acqua bollente (circa 80 gradi), l’imprenditore James E. Riley decise di costruire una struttura che adibì inizialmente a saloon. Oltre ai divertimenti dell’epoca, Riley intendeva offrire agli abitanti la possibilità di un bagno caldo in quelle benefiche acque minerali e la zona iniziò a popolarsi anche di cowboys che, sfilati gli stivali e deposte le pistole, si ritempravano per qualche ora dimentichi delle mandrie e della dura vita del West. L’iniziativa ebbe talmente successo che nel 1881 furono programmati importanti lavori di ampliamento, ma Riley non riuscì mai a vedere l’opera compiuta perché venne colpito dal vaiolo e quello stesso anno morì. La proprietà passò quindi di mano ad Abel C. Quaintance e a Cornelius Griswold della vicina capitale Helena che ne fecero un albergo in grado di ospitare fino a 50 persone. Nel 1890 i due uomini d’affari decisero di affittare lo stabile a C.K. Kerrick, un albergatore di Minneapolis, che lo ampliò ulteriormente trasformandolo in una magione di stile Vittoriano con una lunga veranda sulla facciata, esattamente quanto vi troverete davanti arrivandoci oggi. Il lungimirante Kerrick diede anche iniziò a una seria politica sanitaria, propose ai suoi ospiti alcuni trattamenti curativi di tradizione indiana, e soprattutto, un efficace metodo di disintossicazione da alcol e droghe. L’hotel May, così chiamato in onore della figlia, si trovava ad appena due ore di treno da Helena e a poco meno di un’ora da Butte, una delle città minerarie più importanti degli Stati Uniti e questo lo rese un celebre luogo di ritrovo di personaggi in vista della regione.
Nel corso degli anni i diversi proprietari apportarono modifiche e modernizzazione al vasto edificio e furono molti i visitatori eccellenti che frequentarono il centro, incluso uno dei più celebri presidenti, Teddy Roosevelt. Negli anni ’70 il palazzo fu iscritto nel Registro Nazionale degli edifici storici con il nome definitivo di Boulder Hot Springs e ancora oggi il fascino di questo albergo termale è immutato, ci si può aggirare tra i saloni ammirando gli arredi originali di epoche passate, oppure soggiornare in una delle tante stanze lasciandosi avvolgere dall’atmosfera ‘old America’.
Agli ospiti vengono proposte una grande varietà di trattamenti ed è anche rimasta la tradizione delle cure realizzate secondo le antiche formule della medicina indiana, che bene si mischiano alle più moderne tecniche di salute e bellezza. Nelle ‘steam rooms’ il vapore delle acque minerali è salutare in particolare per l’apparato respiratorio e per la cura della pelle, mentre nella piscina esterna ci si bagna con l’acqua termale mantenuta a 40° gradi e miscelata alle acque purissime provenienti dalle nevi dei monti circostanti, un trattamento consigliato per chi ha problemi fisioterapici legati alle articolazioni.
E ancora adesso il Boulder Hot Springs Inn and SPA con i suoi 300 ettari di prati incontaminati, di zone umide e di foreste abitate da orsi, alci, cervi, volpi, antilopi e coyote, continua a essere uno dei centri più famosi d’America per la disintossicazione da alcol, tabacco e droga. Sullo sfondo, poco lontano, non bisogna perdere le città fantasma di Virginia City e Nevada City, musei a cielo aperto grazie ai loro edifici originali e alle ambientazioni dell’epoca, tra cui il saloon, la bottega del maniscalco, la redazione del giornale, la scuola, il general store e l’ufficio dello sceriffo. Luoghi che paiono il set di un film di Sergio Leone, testimonianze perfettamente conservate che regalano una fantastica visita al mondo della frontiera americana ai tempi dell’epopea western.