Qualcuno definisce la Lituania una Piccola Italia nel nord Europa. I motivi di questa teoria riguardano soprattutto l’influenza architettonica che, a partire dal XVI secolo, ebbero nella costruzione degli edifici e delle chiese in stile barocco, classico e neoclassico gli artisti italiani che si qui si trasferirono al seguito di Bona Sforza che, nel 1518, dal Ducato di Milano venne a sposare Sigismondo il Vecchio per diventare Gran Duchessa di Lituania e Regina di Polonia.
Nel XVII secolo, epoca d’oro per la Lituania, Vilnius vide il fiorire di tante opere barocche, come la chiesa di San Casimiro, ispirata alla Chiesa del Gesù di Roma, o la Chiesa di Santa Teresa la cui facciata fu disegnata dall’architetto italiano Costantino Tencalla. Altro prezioso esempio è la Chiesa di San Pietro e Paolo, la cui costruzione durò oltre 30 anni.
Come eredità di quell’epoca, oggi Vilnius, la capitale più a sud degli stati Baltici, l’unica cattolica con una lunga storia di indipendenza, vanta la seconda collezione di opere barocche, subito dopo Roma. C’è un’altra storia che spiega i forti rapporti fra la Lituania e l’Italia ed è certamente meno conosciuta. Qualcuno la considera alla stregua di una leggenda ma vale la pena di raccontarla. Tutti ricordano la famiglia patrizia Pazzi di Firenze, cui si devono alcuni dei monumenti più famosi del rinascimento, per esempio l’omonima Cappella progettata da Filippo Brunelleschi nel complesso monumentale di Santa Croce. Orbene, nello stesso periodo, in Lituania viveva un’altrettanto aristocratica e potente famiglia di mecenati, i Pacai, che esercitava una grande influenza nella politica interna ed estera del paese e aveva così stretti legami, artistici culturali e politici con la città di Firenze al punto che si diceva che fosse il ramo lituano dei Pazzi toscani. Alcuni storiografi ritengono che alcuni membri della famiglia fiorentina si siano trasferiti in Lituania per sfuggire alla crudeltà dei Medici. Nel tempo il cognome Pacai sarebbe diventata la versione lituanizzata del cognome Pazzi, e la propagandata provenienza fiorentina servì alla potentissima famiglia lituana di stabilire una serie di ottime relazioni politiche e culturali con il granducato di Toscana e i Pontefici romani.
Sono tanti gli Italiani che visitano ogni anno Vilnius divenuta da noi una destinazione molto popolare e low-cost. Li si incontra dappertutto sulla Gedimino, la via dello shopping, degli uffici e dei locali, nella città vecchia, nelle stradine strette che si aprono su grandi piazze, nel ghetto ebraico, quartiere popolato fin dal medioevo e poi svuotato nel 1941 a seguito delle deportazioni dei nazisti. In estate, le strade si riempiono di tavolini all’aperto, ma la città merita di essere visitata in ogni stagione dell’anno, anche per per i mercatini di Natale, quando la città illuminata a festa cambia completamente faccia e diventa un piccolo gioiello, o una tappa a Uzupis, il quartiere trendy degli artisti che in passato era considerato un quartiere pericoloso e malfamato ma da oltre vent’anni ospita scrittori, intellettuali e pittori che hanno costituito una “repubblica” autonoma, con tanto di costituzione e di presidente.
È un errore però limitarsi solo a un fine settimana, e ignorare per esempio che in meno di due ore di percorso in comodo pullman si può arrivare nella cittadina di Kaunas, la seconda città del Paese, che fu capitale della Prima Repubblica lituana e nel 2021 sarà Capitale Europea della Cultura. La città vecchia sorge su una penisola alla confluenza dei due fiumi, Nemunas e Neris e all’inizio del XX° secolo era chiamata la “piccola Parigi”. Oggi ospita più di 30mila studenti universitari che arrivano anche da tutte le parti del mondo attratte anche dalla vivacità e ricchezza culturale che si scopre attraverso le iniziative di decine di musei, otto teatri, sette parchi, gallerie e fiere d’arte popolare, tanti appuntamenti culturali fra cui il festival annuale internazionale “Jazz Kaunas”; l’International Grand Piano Ensemble, il Festival Internazionale di Musica sacra, il festival dell’operetta.
A differenza di Vilnius, Kaunas è rimasta più lituana, e la Città Vecchia, ricca di monumenti storici: il castello, numerose chiese, monasteri, palazzi e case signorili, ha perso l’aspetto di antico centro commerciale. Le cabine telefoniche sono ancora in legno, la zona pedonale è ciottolata e i lampioni stradali in ferro si fondono con la tradizione architettonica originale. Kaunas era cinta di muri e aveva diversi forti, difendersi dai molti attacchi nemici subiti nei secoli e l’esempio più imponente è il castello che si trova a sud del Neris, poco prima che si immetta nel Nemunas. Viene per la prima volta menzionato nelle cronache dei Cavalieri Teutonici a seguito della sua distruzione nel 1361. In origine, era circondato da un fossato e aveva quattro torri nell’unica rimasta è stato creato un piccolo museo. A differenza di Vilnius a Kaunas prevalgono l’architettura gotica, il razionalismo e il funzionalismo. In tardo barocco è però il municipio, che risale al 1542 e si trova in una pittoresca piazza quadrangolare. L’esterno è dipinto di un bianco brillante e la forma distintiva dell’edificio gli hanno guadagnato il soprannome di “Cigno Bianco” da parte dei residenti. Nel seminterrato con volte gotiche, c’è il Museo delle Ceramiche. Una visita merita anche il Monastero dei Gesuiti alle cui spalle c’è un edificio del tardo XV secolo, conosciuto come la Casa Perkunas, il Dio del Tuono, che ospita una biblioteca pubblica al piano superiore e uno spazio espositivo in quello inferiore. L’asse centrale della Città Nuova è il Viale della Libertà (Laisves aleja), un lungo viale alberato di oltre 15 km, il cuore del commercio e dei musei. In particolare il Museo zoologico fondato nel 1919 da Tadas Ivanauskas, uno studioso che dedicò la sua vita a studiare, documentare e raccogliere esempi della fauna della Lituania e di tutto il mondo. Il Museo Devils, invece è l’unico al mondo dedicato al diavolo e alle sue diavolerie. Nel folklore pagano il diavolo non era semplicemente il demonio, ma il guardiano della morte, della fertilità e degli animali e solo con il cristianesimo, divenne uno spirito malvagio. In esposizione anche streghe lituane e maschere di carnevale. Il museo origina dalla collezione privata del pittore Antanas Zmuidzinavicius, uno dei più noti rappresentanti dell’arte lituana nel primo decennio del XX secolo, insieme al pittore e musicista Curlionis cui è dedicata l’importante Galleria d’Arte Moderna della città. Nei suoi quadri e nelle sue musiche Ciurlonis, ali inizi del secolo scorso, affronta un viaggio esoterico, trasmettendo un senso di mistero e al tempo stesso di celebrazione della natura. Si tratta di un piccolo museo in cui il surrealismo magico sembra anticipare una iconografia fantasy, cosmica e postmoderna.
Per concludere, una menzione particolare a Kaunas merita la possibilità di esplorare l’intera produzione della birra artigianale – considerata bevanda nazionale – e della cucina lituana, che non è esattamente una cucina povera. È certamente di derivazione contadina e legata alla terra, ma raccoglie in sé influenze polacche, tedesche e scandinave, con piatti piuttosto saporiti e ricchi a base di patate, barbabietole, zuppe e carne, principalmente quella di maiale. Da non mancare le cepelinai, grandi gnocchi di patate con un ripieno a base di carne o formaggio, conditi con panna acida, pancetta o funghi. Il mio piatto preferito: la šaltibarščiai, una zuppa di barbabietole, dal sapore rinfrescante nella versione fredda estiva, ma ottima anche d’inverno nella sua versione calda che viene servita con la panna acida.
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