La Fondazione MEMMO di Roma apre le porte al pubblico per far conoscere l’attività creativa di una giovane artista nordamericana. Dal 4 maggio, fino al 29 ottobre, i locali della Fondazione ospiteranno “Dreaming the end” la prima mostra personale di SIN WAI KIN in Italia. Grazie al lavoro del nuovo curatore Alessio Antoniolli, già direttore di Gasworks e Triangle Network, e da poco entrato a far parte del gruppo di lavoro della Fondazione, si potrà conoscere l’opera di questa “nouvelle Vogue” del mondo artistico.
La mostra si svolge principalmente in una sala, dove viene proiettato un video di 21 minuti che si ripete in un loop infinito. Nel video SIN WAI KIN gioca con il linguaggio artistico visivo per trasmettere al pubblico una visione dell’io destrutturata e in continua evoluzione e lo fa attraverso la sua poetica onirica. L’artista si presenta diversamente nei minuti di girato, cambiando acconciature e modificando il suo volto, grazie al sapiente uso del trucco, soprattutto sul viso, non mancano neanche i cambi d’abito, il tutto utilizzato in perfetta simbiosi con il mondo circostante e con quello che vuole rappresentare ai visitatori, ossia un cambiamento continuo della persona e del mondo che la circonda.
Il video è stato realizzato a Roma, città che, per stessa ammissione dell’artista durante la presentazione, si è prestata perfettamente alla sua idea artistica-creativa, dove il passato si fonda con il presente con naturalezza. Tra Villa Medici, storica residenza e sede dell’Accademia Francese, il Colosseo Quadrato dell’Eur e gli interni di Palazzo Ruspoli, la giovane estrosa WAI KIN si muove su scale, cammina tra i labirinti del parco e dialoga con le statue e con lei stessa. Particolarmente efficacie risulta il momento del dialogo, anch’esso in una sorta di loop, con la testa della statua del Giano Bifronte, da sempre considerato la rappresentazione dell’ambivalenza, del cambiamento e delle transizioni.
L’altra sala della Fondazione MEMMO mostra le attrezzature di scena, le parrucche utilizzate dalla canadese per i suoi personaggi e alcuni fazzoletti con impressi i calchi del viso, tutti diversi tra loro per via dei trucchi utilizzati di volta in volta per la creazione dei suoi personaggi. La mostra vedrà la contestuale realizzazione di una pubblicazione sotto forma di fotoromanzo, un’espressione che per anni è stata utilizzata per raccontare le storie in Italia soprattutto durante gli anni 60’, 70’ e 80’ e che risulta essere molto affine al linguaggio espressivo della stessa artista. L’esperienza filosofico visiva proposta è molto forte e impattante e lascerà sicuramente spiazzato il pubblico, che troverà questa modalità incisiva e sicuramente non convenzionale ma che non potrà non attirarne la curiosità lasciando profonde riflessioni. Gli spazi della Fondazione saranno aperti gratuitamente dal Lunedì alla Domenica dalle 11 alle 18, Martedì esclusi.