Fra i tanti Festival che si tengono ogni anno in tutto il mondo, quello dedicato al “Burning Man” è uno dei più strani e probabilmente fra i meno conosciuti in Italia. La prima edizione si tenne nel 1986, in California, quando una trentina di persone si trovarono su una spiaggia per bruciare un “uomo di legno” alto poco più di due metri e mezzo. Sembra che l’organizzatore, in questo modo, volesse esorcizzare il ricordo di un amore sfortunato, ma ben presto il falò divenne il simbolo di un taglio con il passato. Dopo le prime edizioni che videro il numero dei partecipanti crescere in maniera incontrollata, nel 1991 il Festival si trasferì nel vicino stato del Nevada riuscendo a radunare nel deserto fino a settantamila persone, che ogni anno arrivano per costruire Black Rock City, “una metropoli temporanea dedicata all’arte e alla comunità”. La città non esisteva prima del festival e regolarmente scompare subito dopo ogni edizione. Si tratta di una utopia pianificata su una economia che non prevede denaro ma solo scambi e baratti (si usano i soldi solo per comprare ghiaccio e caffè), e una convivenza in cui ogni cittadino può rivelarsi autosufficiente. Inizialmente una eredità della cultura hippy che aveva sconvolto il decennio precedente, trasformatasi poi in un appuntamento multimediale per artisti, intellettuali e persone disposte a spendere molti soldi per passare una settimana alternativa nel deserto.
Robin Hagedoorn, architetto olandese, ha fatto questa esperienza in Nevada e oggi racconta con ironia, oltre alle difficili condizioni cui è stato messo alla prova, soprattutto le emozioni vissute e la grande soddisfazione provata nella catarsi collettiva cui ha preso parte. Esperienze ed emozioni che Robin ha provato a riprodurre fondando il primo Bunk Hotel in Olanda. Come sia arrivato a questa decisione è anche un modo per raccontare la sua vita. Dopo aver partecipato al festival statunitense, il giovane Hagedoorn ha deciso di cambiare vita e di impegnarsi ancor più nella riqualificazione degli spazi urbani, con progetti in equilibrio fra sostenibilità e responsabilità sociale. Un nuovo esempio di ospitalità e condivisione degli spazi, teso a occupare il segmento di mercato fra il classico hotel e l’economico ostello, combinando camere di lusso a prezzi accessibili, con capsule private da una o due persone.
Dopo una prima esperienza a Utrecht, che creò forte meraviglia trasformando una chiesa monumentale sconsacrata in un albergo, Hagedoorn ha deciso di raddoppiare ad Amsterdam, scegliendo un’altra chiesa che è presto diventata luogo di ritrovo e di sperimentazione culturale, oltre a sede di eventi e manifestazioni musicali e mostre d’arte. Il nome della originale iniziativa imprenditoriale è Bunk Hotel, e visto il successo si prospetta l’apertura di una catena. Ad Amsterdam l’intervento di recupero è stato effettuato all’interno dell’ex chiesa di Santa Rita, in un vivace quartiere sul versante nord della città. La struttura era stata progettata dall’architetto Alexander Kropholler e conseguentemente costruita negli anni ‘20 del secolo scorso, mentre la riconversione è stata realizzata a cura di Rob Salemans, che ha lavorato in pieno rispetto dell’architettura originale, mantenendo intatti gli esterni, gli archi in mattoni e le travi in legno.
Le Bunk Room possono ospitare da 1 a 5 persone, mentre i pod, singoli o doppi, che ricordano gli alloggi minimali visti in alcuni alberghi giapponesi, sono l’opzione più economica ma con tutto lusso della privacy, ideale per chi viaggia con piccoli budget. Le camere sono ricavate all’interno di blocchi bianchi che sembrano “galleggiare” nella struttura come un arcipelago di elementi prefabbricati con pareti in HPL. Ad arricchire l’albergo ci sono la biblioteca pensata per viaggiatori e comunità locale, una stanza segreta con una collezione di vinili e uno studio di registrazione adibito anche a stazione radio dove poter ascoltare musica selezionata. Gli spazi del Bunk Hotel vanno condivisi, con bagni gender-neutral e grandi tavoli comuni nell’area ristorante. Ogni settimana c’è un nuovo calendario culturale e un programma di artisti-in-residence. “Ma attenzione a prendere ispirazione dal Burning Man – avverte Hagedoon – qui non possiamo usare il fuoco come elemento di rigenerazione: per questo è necessario andare in Nevada”.
Sei alla ricerca di novità sul mondo del turismo e del benessere? Abbonati alla rivista Area Wellness cliccando qui.